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Per un’alimentazione  etica, salutare, sostenibile

In Italia il cibo inteso non solo come bisogno primario, ma anche nella sua più ampia accezione culturale, è di tendenza. La spettacolarizzazione mediatica, l’attenzione dei social network, i riconoscimenti internazionali di cuochi italiani, il continuo fiorire di ristoranti e locali dedicati alle più svariate cucine talvolta superspecializzate (solo patate al forno, solo fritti….), il susseguirsi ininterrotto di eventi a nome food, hanno attribuito al cibo una indubbia centralità.

 

In tale contesto negli ultimi anni ha preso sempre più spazio una visione del cibo ecosostenibile. Expo 2015 Nutrire il pianeta, Energia per la vita, ha rappresentato un momento di non ritorno. Nonostante le critiche che possiamo muovere e nonostante le evidenti contraddizioni, Expo ha enfatizzato il dibattitto sugli sprechi alimentari.

 

Di pari passo numerosi cuochi hanno voluto corroborare il messaggio di Expo teorizzando e mettendo in pratica una cucina più etica realizzata con alimenti “poveri” e riutilizzando o riducendo al minimo gli scarti. In un precedente articolo  abbiamo affrontato il tema della sostenibilità riferita alle fonti energetiche, alla produzione, all’alimentazione. In quell’occasione denunciammo i disastri ecologici causati dagli allevamenti intensivi, dall’agricoltura ad alto impatto ambientale e abbiamo ribadito che la sostenibilità non è gestire al meglio la Terra come se fosse una nostra proprietà: La Terra non è nostra. Semmai ci è stata data in prestito dai nostri padri, per consegnarla ai nostri figli e quando si ha un bene in prestito… 

 

In pratica abbiamo scritto che se volessimo consumare carne sarebbe doveroso evitare quella prodotta dagli allevamenti intensivi per lo stress provocato agli animali allevati, per l’inquinamento e per gli elevati dispendi idrico e di risorse alimentari che implicano. Basti dire che per produrre un chilo di carne si utilizzano 6,5 kg di granaglie che potrebbero essere destinati all’alimentazione umana.

 

Inoltre l’impronta idrica per chilo di carne, ossia l’acqua utilizzata non solo per abbeverare gli animali, ma per irrigare i campi coltivati per la loro alimentazione e quella usata in tutto il ciclo produttivo, è di migliaia di litri, 15 mila secondo alcune fonti.

 

Sono gli allevamenti intensivi alcuni dei centri che minano l’ecosistema. Chi non vuole rinunciare alle proteine animali dovrà prima o poi prendere in considerazione i suggerimenti della FAO, che indica come possibili fonti alimentari gli insetti i quali rappresenteranno una fonte alimentare sempre più diffusa. 

(continua)

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